Li chiamano Super-Centenari, sono gli italiani che hanno superato i 110 anni di età. A dirlo è una recente indagine compiuta dall’Istat, l’istituto nazionale di statistica, che ha sottolineato come questa categoria sia persino raddoppiata negli ultimi dieci anni: nel 2009 si contavano 10 Super-Centenari, nel 2019 se ne contano 21. Al secondo gradino del podio, e con dati di molto superiori, i cosiddetti Semi-Super-Centenari, ovvero coloro che hanno un’età compresa tra i 105 e i 110 anni, composti da ben 1.112 persone di cui l’87% di sesso femminile. L’incremento di individui di età superiore ai 105 anni è del 136% in confronto a dieci anni fa in cui se ne contavano 472. I centenari residenti in Italia che hanno spento le candeline a tre cifre nel 2019 risultano 14.456 e di questi l’84% sono donne. Nell’ultimo decennio i centenari sono passati da 11 mila a oltre 14 mila. La distribuzione geografica è a macchia di leopardo sull’intero Settentrione e in particolar modo in Liguria; regione in cui se ne registra la maggiore presenza. Questo fa dell’Italia il Paese europeo più longevo a pari-merito con i cugini d’Oltralpe.
I dati in questione indicano chiaramente una dilatazione dell’età degli “anta” (e ben oltre) della popolazione nazionale che sta di fatto invecchiando sempre più mentre sono in calo le registrazioni di nascite di italiani. Le ragioni sono molte e non esclusivamente riconducibili a quelle economiche bensì anche a vere e proprie scelte di vita che proiettano coloro che rientrerebbero nella cosiddetta “età del genitore” in altri ambiti e in un ménage familiare che di molto si discosta dalla tradizionale famiglia con figli. Gli anglosassoni hanno coniato l’acronimo Dink (“double income no kids” che tradotto letteralmente significa “doppio stipendio niente figli”) che fotograferebbe uno status di coppia sempre più diffuso e che sta divenendo un nuovo ceto di riferimento sociale nei Paesi industrializzati. Detto ciò la prospettiva futura è ottimista anche riguardo alla qualità della vita degli anziani di oggi e di domani: si stima infatti che nel 2065 la popolazione avrà un’aspettativa di vita superiore di ben cinque anni in egual misura per uomini e donne.
Quello che si deduce da queste statistiche è l’evidente aumento della domanda di figure lavorative che rispondano a esigenze ben diverse e precise come quelle della terza età e degli ultracentenari; la cosiddetta “Silver Economy” che tocca svariati ambiti. Da quello sanitario e della ricerca per offrire una qualità di vita migliore a quello della domotica (che non sarà più solo una prerogativa per chi desidera un’abitazione dotata di ogni comfort, come si intende oggi, ma diventerà una necessità) fino all’aspetto più gaudente come quello del turismo, degli sport legati alla terza età oppure delle associazioni culturali come laboratori teatrali e simili. Tra questi numerosi aspetti anche l’assistenza della persona spicca come figura che troverà largo impiego in sempre crescenti settori: primo tra tutti il servizio a domicilio che aumenterà anche a causa di una differente concezione dell’assistenza familiare stessa che non vede più i figli coinvolti in prima persona bensì figure qualificate e competenti. Aumenteranno anche i centri specializzati per gli anziani e le case di cura che già oggi registrano una crescita significativa; crescita che si renderà fisiologica negli anni a venire e che, di riflesso, favorirà lo sviluppo di nuove figure assistenziali e, più in generale, un trend positivo per il loro impiego nel mondo del lavoro in una prospettiva di piena skill evaluation.